Il report “Vaccine Hesitancy Survey” evidenzia i successi, le principali resistenze alla vaccinazione e l’importanza di una corretta informazione

 

 

Una fotografia, un’istantanea scattata sul campo. Anzi, su otto campi, in otto Paesi diversi (Burkina Faso, Yemen, Libano, Giordania, Nigeria, Afghanistan, Ciad e Repubblica Centrafricana) dove INTERSOS, assieme ad altre organizzazioni umanitarie, sta lavorando alla campagna di vaccinazione COVAX contro il Covid-19. È l’immagine che ci viene restituita dal rapporto The Vaccine Hesitancy Survey (Sondaggio sull’esitazione vaccinale) che INTERSOS ha realizzato intervistando oltre 5mila persone assistite attraverso i progetti umanitari nei diversi Paesi.

 

Dai dati emerge come solo il 51% degli intervistati sia stato vaccinato mentre poco meno della metà no (un dato, comunque, molto superiore alla media dei Paesi di riferimento, ad indicare come la campagna vaccinale fosse comunque un’opzione disponibile e accessibile). Cosa determina la resistenza – o “esitazione” – di fronte alla possibilità di vaccinarsi? Come accaduto anche nel resto del mondo, una parte degli intervistati non si fida della “sicurezza” del vaccino, ma la maggioranza delle 2.600 persone intervistate ancora “scoperte” contro il virus, spiega che non l’ha potuto fare. Persone che lo farebbero, insomma, se il vaccino fosse immediatamente disponibile. Una risposta che all’apparenza può sembrare scontata, ma che ripensando ai Paesi nei quali INTERSOS lavora, fa emergere una riflessione importante: ovvero che la voglia di vaccinarsi c’è, ma quello che manca sono i mezzi per ottenere la vaccinazione o la conoscenza dei percorsi per accedervi.

 

Il report del VHS indaga anche quali sono le principali fonti di informazione tra i partecipanti al questionario e qui un dato importantissimo emerge: a questa precisa domanda, sia chi ha scelto di immunizzarsi sia chi ancora non lo ha fatto ma vorrebbe farlo, risponde che ha ottenuto le informazioni necessarie sul vaccino contro il Covid-19 dalle ONG “locali e internazionali”.  “Ed il punto è proprio questo – sottolinea Andrea Accardi, responsabile della COVAX Task Force di INTERSOS – dobbiamo concentrarci anche su come far crescere le fonti di informazione, come renderle più facili per le persone che assistiamo. Qui emerge un dato comune al resto del mondo: più le persone sono informate, più è facile accompagnarle ad una scelta consapevole”.

 

Leggi il Report in inglese qui

 

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