Il 61% delle famiglie rifugiate siriane nel Paese ha almeno un membro con disabilità. Nei governatorati di Amman, Karak e Irbid, abbiamo garantito servizi specializzati e risposto ai bisogni delle persone sopravvissute a violenza di genere

 

 

Da novembre 2019 a novembre 2020, grazie ai fondi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), abbiamo attivato in Giordania un progetto dedicato alla protezione delle persone esposte o sopravvissute alla violenza di genere e alla protezione dei minori, con l’obiettivo di ridurre i rischi e le conseguenze negative legate ad episodi di violenza, sfruttamento e abusi nei confronti delle persone più vulnerabili tra giordani e rifugiati siriani nei governatorati di Karak, Amman e Irbid. Nello specifico, abbiamo lavorato per migliorare e facilitare l’accesso ai servizi di risposta alla violenza di genere e per garantire supporto psicosociale per le persone sopravvissute o a rischio di violenza. Abbiamo promosso iniziative di inclusione sociale e condotto campagne di sensibilizzazione sulle tematiche di genere e l’inclusione di persone con disabilità.

 

In collaborazione col partner locale FOCCEC (Forearm of Change Center to Enable Communities), un’organizzazione non profit che si occupa di temi sociali e ambientali, abbiamo lavorato per ridurre e contrastare fenomeni come il lavoro minorile, matrimoni precoci e/o forzati, abuso e abbondono di minori, intervenendo sulla prevenzione e sull’accesso ai servizi dedicati per le vittime.

 

Dal 2012, in Giordania, INTERSOS offre consulenza individuale, supporto psicosociale e, dove necessario, assistenza economica a donne, uomini, ragazzi e ragazze rifugiati o della comunità ospitante sopravvissuti o a rischio di violenza di genere, con percorsi specifici per aiutare le persone della comunità LGBTIQ+ e le persone con disabilità.

 

L’urgenza di garantire l’accesso a servizi specializzati per persone con disabilità

 

La scelta di impegnarci per garantire l’accesso ai servizi specializzati alle persone con disabilità nasce come risposta alla necessità di promuovere l’inclusione sociale di persone fortemente stigmatizzate in Giordania che, nonostante una legge sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore a settembre 2017, registra l’assenza di centri specializzati che favoriscano l’aggregazione e l’inclusione.

 

Si stima che il 22% della popolazione siriana abbia almeno un tipo di disabilità[1], e che il 61% delle famiglie rifugiate siriane abbia almeno un membro del nucleo familiare con disabilità[2]. Il 25.5% dei rifugiati con disabilità ha bisogno di servizi specializzati, ma non ha la possibilità di ricevere i trattamenti necessari a causa dei costi elevati per nuclei familiari in cui spesso nessuno dei componenti lavora. Lavorare con le comunità per promuovere una cultura dell’inclusione, sia sociale che lavorativa, è necessario per ridurre l’elevato rischio che le persone con disabilità corrono di essere vittime di violenza, sfruttamento e abuso.

 

Mentre Amman, principale centro economico del Paese, è la città scelta per questioni lavorative e sociali da molti individui che sono a rischio o vittime di violenza di genere, inclusi membri della comunità LGBTQI+, Irbid è il terzo governatorato per numero di rifugiati siriani, molti dei quali vivono in condizioni di indigenza nelle zone rurali e più remote, dove la percentuale di individui a rischio o vittime di violenza è elevata e dove manca un’offerta adeguata di servizi specializzati. Nei governatorati del sud, tra cui Karak, si registrano alti livelli di disoccupazione, ampie sacche di povertà e mancanza di servizi specializzati, soprattutto per persone con disabilità. L’approccio multidimensionale adottato dai nostri assistenti sociali mira non solo a risolvere nell’immediato le problematiche delle persone assistite, ma tiene anche in considerazione i fattori di rischio che ne impediscono un sano inserimento nella società, offrendo quindi un supporto di più ampio respiro.

 

Le sessioni di sensibilizzazione comunitaria, svolte insieme al prezioso contribuito dei Comitati di Protezione Comunitaria e le Associazioni di Persone con Disabilità (APD), hanno avuto un ruolo chiave nella promozione di una maggiore conoscenza e sensibilità della popolazione sul tema della disabilità, e si sono articolate su diversi temi: il concetto di disabilità e le sue possibili manifestazioni; i diritti delle persone con disabilità; una discussione sulle barriere – sia fisiche che mentali – che queste persone devono affrontare quotidianamente; lo stigma sociale e la discriminazione, che aumentano il rischio di essere vittima di violenza, abuso e sfruttamento; la promozione del ruolo che le persone con disabilità possono svolgere nella società e nel mercato del lavoro.

 

La storia di Ahmad

 

La storia di Ahmed è un esempio concreto dei risultati raggiunti dal progetto. Ahmed ha 12 anni e vive a Karak con sua madre, suo padre e suo fratello Jamil di 28 anni. Ahmad ha mostrato difficoltà e ritardo nello sviluppo del linguaggio fin da piccolo, ricevendo infine la diagnosi di una forma di autismo, sottovalutata dalla famiglia. Partecipando a una delle campagne di sensibilizzazione condotta da INTERSOS, Jamil si è reso conto che esistevano attività che avrebbero potuto aiutare suo fratello e ha raccontato la sua storia. La famiglia aveva interrotto da un paio d’anni i controlli mensili dal medico, che si limitava a prescrivere psicofarmaci che lasciavano il bambino sedato per la maggior parte del tempo. Ahmed aveva invece bisogno di iniziare un percorso di integrazione tramite sessioni di terapia per migliorare il linguaggio e l’interazione con gli altri bambini.

 

Per permettere ad Ahmad e la sua famiglia di accedere a servizi specializzati è stato stilato un piano che ha portato a grandi risultati. Abbiamo assicurato assistenza economica di emergenza alla famiglia per coprire le spese necessarie per iscrivere Ahmad a corsi di terapia individuale specializzata per i disturbi del linguaggio. Abbiamo garantito assistenza psicologica individuale alla madre, per aiutarla ad accettare la condizione di Ahmad. Poi abbiamo coinvolto l’intero nucleo familiare in sessioni di supporto psicosociale di gruppo, focalizzati sulla cura di minori con disabilità, per aumentare le capacità positive di adattamento e resilienza di tutti i componenti della famiglia. Infine, abbiamo indirizzato il padre ad altre organizzazioni che si occupano di progetti di inserimento lavorativo: ha ricevuto un sostegno finanziario per avviare una piccola attività domiciliare, che gli permette di provvedere ai bisogni della propria famiglia e garantire ad Ahmad di partecipare alle sessioni di terapia di cui ha bisogno.

 

[1] secondo i criteri stabiliti dal Washington Group Questions

[2] iMAPP and HI, 2018

 

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