Da qualche anno, ormai, si sente spesso parlare di Dublinati. I Dublinati sono, nel gergo del terzo settore, quei richiedenti asilo che, approdati in Italia via mare o via terra, dopo essere stati identificati tramite impronte digitali e fotosegnalazione, riescono ad arrivare nei Paesi del Nord Europa (Germania, Francia, Svezia, Paesi Bassi etc) e a raggiungere amici e familiari ma poi, in seguito a controlli e verifiche, vengono riaccompagnati in Italia, il primo Paese in cui sono arrivati e sono stati identificati.

 

Questo stabilisce il cosiddetto “Regolamento di Dublino”, che regola i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide: i cittadini extracomunitari che fuggono da guerre o persecuzioni nei loro paesi d’origine, devono fare domanda d’asilo nel primo Paese membro dell’Unione Europea in cui arrivano e vengono identificati. Giunti finalmente in Paesi in grado di offrire maggiori opportunità di inserimento lavorativo e inclusione sociale; ricongiunti, dopo viaggi terribili, ad amici e familiari che spesso costituiscono l’unico punto di riferimento in un contesto nuovo, estraneo di cui non conoscono nemmeno la lingua, vengono rispediti, secondo le norme del Regolamento, nel primo paese di approdo. Spesso, con motivazioni difficilmente comprensibili.

Silvia Scirocchi, operatrice del centro INTERSOS24 di Torre Spaccata, ci racconta di procedure di trasferimento molto violente, le cui vittime sono spesso donne e bambini. Mariam, per esempio, minore riportata pochi giorni fa in Italia dalla Norvegia, Dublinata, ci ha raccontato del suo trasferimento deciso perché, fermata in Norvegia, le hanno fatto la misurazione del polso, procedura tanto diffusa quanto poco attendibile a livello medico scientifico, che l’ha dichiarata maggiorenne e quindi pronta per essere rispedita nel primo Paese d’approdo. Secondo il Regolamento Dublino, i MSNA hanno il diritto di restare nel Paese in cui hanno da ultimo fatto domanda d’asilo: a differenza che per gli adulti, il trasferimento di un MSNA (identificato come tale) da un Paese all’altro, come in questo caso dalla Norvegia all’Italia, è illegittimo.
Molte e molti ci raccontano di famiglie separate, di lunghi periodi di detenzione in centri adibiti a prima accoglienza, spesso non in grado di rispondere a criteri minimi di vivibilità, della difficoltà di avere accesso all’assistenza legale, di procedure d’asilo inadeguate.

Parte costitutiva del sistema è il database Eurodac, un archivio digitale contente le impronte digitali di tutti i richiedenti asilo così come delle persone fermate nel tentativo di varcare illegalmente le frontiere dell’Unione. Sempre secondo il Regolamento, ogni Stato membro, ha il diritto sovrano di esaminare una domanda d’asilo che gli sia stata rivolta da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento. Ai minori non accompagnati richiedenti asilo dovrà essere assegnato un rappresentante che li assista nel corso della procedura, per la presentazione della domanda, per tutelarne i diritti e rapportarsi con le autorità competenti.

Entrato in vigore nel settembre 1997, il Regolamento di Dublino ha avuto due revisioni, l’ultima nel 2013, che ha sostanzialmente confermato i suoi principi fondativi, in primis, l’obbligo di presentare domanda di asilo allo Stato Europeo di primo approdo. La revisione del 2013, detta Dublino III, ha tuttavia ampliato i termini di ricongiungimento familiare, introdotto la possibilità di fare ricorso contro un trasferimento, e inserito maggiori tutele nei confronti dei minori.