Dopo la decisione della Grecia di indicare la Turchia come Paese terzo sicuro per i richiedenti asilo di cinque nazionalità, INTERSOS e 37 organizzazioni chiedono il ritiro di questa decisione e l’impegno di Grecia ed Europa a rispettare i propri obblighi in tema di asilo

foto di Martina Martelloni

 

 

“Oggi un richiedente asilo o un rifugiato in Grecia nel migliore dei casi si ritrova imprigionato nelle tende delle isole greche, nel peggiore può venire rimandato in Turchia come un paese “sicuro” – racconta Apostolos Vezis, Direttore di INTERSOS Hellas – Da anni la Grecia e l’Europa “investono” in politiche per “chiudere le porte” alle persone bisognose di protezione. Bambini, donne e uomini in fuga da conflitti, guerre e discriminazioni non sono considerati i benvenuti. Come INTERSOS, che opera in Grecia dal 2016, vediamo sui nostri pazienti l’impatto di queste politiche, vediamo le loro speranze infrangersi e la loro sofferenza inutile“.

 

In seguito alla decisione della Grecia di designare la Turchia come Paese terzo sicuro per i richiedenti asilo di altre cinque nazionalità, INTERSOS, insieme ad altre 37 organizzazioni che operano in Grecia, in una lettera chiede il ritiro di questa decisione inaccettabile e si appella alla Grecia e all’Europa perché si impegnino a rispettare i propri obblighi in tema di asilo.

 

L’appello delle organizzazioni a Grecia ed Europa

 

Atene, 14 giugno 2021

Con una nuova decisione ministeriale congiunta emessa il 7 giugno, lo Stato greco ha designato la Turchia come “paese terzo sicuro” per famiglie, uomini, donne e bambini di cinque nazionalità che chiedono protezione internazionale in Grecia. Si tratta nello specifico di Afghanistan, Siria, Somalia, Bangladesh e Pakistan. Questa decisione, dunque, si applica anche a persone provenienti da paesi con alti tassi di riconoscimento della protezione internazionale, come Siria, Afghanistan e Somalia, rafforzando la linea politica avviata a marzo 2016 con la dichiarazione UE-Turchia, che scarica su Paesi terzi la responsabilità di proteggere i rifugiati, compresi i minori non accompagnati, che arrivano in Europa.

 

Per anni, l’effetto di questa politica di esternalizzazione è stato quello di trasformare le isole greche in un luogo di reclusione per migliaia di persone sfollate e perseguitate, un luogo dove “contenere” le persone per facilitarne il ritorno in paesi terzi. Questo ha creato luoghi come Moria che sono diventati simboli vergognosi del fallimento dell’Europa nel proteggere i rifugiati.

 

La soluzione al sovraffollamento delle isole greche, però, non è inviare gli sfollati in Turchia. In Turchia, le persone che chiedono asilo da paesi non europei, comprese le cinque nazionalità in questione, non ricevono protezione internazionale in base alla Convenzione sui rifugiati del 1951, perché la Turchia non riconosce la Convenzione. Le persone non dovrebbero essere rimandate in un paese in cui le loro vite sono in pericolo, soprattutto considerati i numerosi rapporti che negli ultimi anni denunciano il respingimento dei rifugiati dalla Turchia, anche nelle zone di guerra in Siria. Inoltre, il concetto di “paese terzo sicuro” presuppone l’esistenza di un legame essenziale tra il richiedente asilo e quel paese, nonché il consenso del paese terzo ad accogliere la persona rimpatriata. Queste condizioni non sono soddisfatte nel caso della Turchia.

 

Per tutti questi motivi, la decisione di designare la Turchia come “paese terzo sicuro” dovrebbe essere subito revocata. Inoltre, questa nuova legge è nella pratica inapplicabile, poiché già da marzo 2020 la Turchia non accetta il rimpatrio di rifugiati e richiedenti asilo dalla Grecia, come peraltro sottolineato dal Ministero greco per la migrazione e l’asilo e dalla Commissione europea.

 

I rifugiati le cui domande sono state respinte in quanto inammissibili in base al principio del “paese terzo sicuro”, stanno già vivendo una situazione di prolungata incertezza giuridica, esclusione sociale, indigenza e persino detenzione prolungata in Grecia, che rischia di trasformarsi in un prigione. Questa decisione servirà solo ad aumentare il numero di persone in questa situazione.

 

Come è stato sottolineato in rilevanti interventi del Difensore civico greco, e, più recentemente, in una risposta del Commissario per la Migrazione e gli affari interni della Commissione europea, in questi casi i richiedenti devono poter presentare nuovamente domanda di asilo, affinché le loro domande siano esaminate nel merito, in conformità con il diritto dell’UE e nazionale.

 

In linea con un recente annuncio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), le organizzazioni firmatarie sottolineano che “l’esternalizzazione sposta semplicemente altrove le responsabilità in materia di asilo ed elude gli obblighi internazionali”. Chiediamo ancora una volta alle autorità greche ed europee di onorare la loro responsabilità di proteggere i rifugiati e di evitare di compromettere ulteriormente il complesso di norme europeo in materia di asilo e i principi e i valori fondamentali per la protezione dei diritti umani.

 

Organizzazioni firmatarie:

Action for education

ΑRSIS – Association for the Social Support of Youth

Better Days

Centre Diotima

ECHO100PLUS

ELIL

ELIX

Equal Rights Beyond Borders

Europe Must Act

Fenix – Humanitarian Legal Aid

Greek Council for Refugees (GCR)

Greek Forum of Migrants

Greek Forum of Refugees (GFR)

Greek Helsinki Monitor

Hellenic League for Human Rights (HLHR)

HumanRights360

Human Rights Legal Project

Initiative for the Detainees’ Rights

INTERSOS

INTERSOS Hellas

Irida Women’s Center

Legal Centre Lesvos

Lesvos Solidarity

Lighthouse Relief

Médecins du Monde – Greece

METAdrasi- Action for Migration and Development

Mobile Info Team (MIT)

Network for Children’s Rights

Network for the Social Support of Refugees and Migrants

Odyssea

Refugees International

Refugee Law Clinic Berlin

Refugee Legal Support (RLS)

Refugee Rights Europe (RRE)

Refugee Support Aegean (RSA)

Samos Volunteers

SolidarityNow

Still I Rise

Terre des hommes Hellas