Tra Africa e Medio Oriente, il 40% sono bambine. Il 12 febbraio, per la Giornata Mondiale contro l’uso dei bambini soldato, INTERSOS lancia la campagna #STOPBAMBINISOLDATO

 

 

Sono 18 i Paesi nei quali, dal 2016 ad oggi, è stato documentato l’impiego di bambini soldato in conflitti armati: Afghanistan, Camerun, Colombia, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, India, Iraq, Mali, Myanmar, Nigeria, Libia, Filippine, Pakistan, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Siria e Yemen. Nonostante gli sforzi per contrastare questo fenomeno, il numero di casi registrati è costantemente aumentato dal 2012 al 2020. Il 40% dei minori arruolati sono bambine, spesso vittime di violenza di genere.

 

Ogni anno, il 12 febbraio, in occasione della Giornata Mondiale contro l’uso dei bambini soldato, INTERSOS dedica la campagna #STOPBAMBINISOLDATO all’impegno delle organizzazioni, di operatori e attivisti della società civile per reintegrare gli ex bambini soldato nella società e consentire loro una vita normale.

 

Chi sono i bambini soldato

 

Ma chi sono i “bambini soldato”? Per “bambino soldato” si intende qualsiasi persona di età inferiore ai 18 anni che è, o che è stata, reclutata o utilizzata da una forza armata o da un gruppo armato. Bambini, bambine, ragazzi e ragazze che vengono arruolati non solo per combattere ma anche per essere utilizzati come spie, messaggeri, cuochi, sguatteri, assistenti di campo e per fini sessuali.

 

Non esiste una statistica ufficiale, solo stime, per un fenomeno volutamente nascosto, considerato illegale dalle convenzioni internazionali ma ancora largamente diffuso. Sono decine, forse centinaia di migliaia, in questo momento, i bambini arruolati nei gruppi armati e coinvolti nei conflitti. Diventano parte di una forza armata o di un gruppo per vari motivi. Alcuni vengono rapiti, minacciati, costretti o manipolati psicologicamente. Altri sono spinti dalla povertà e dal bisogno di sopravvivenza. Indipendentemente dal loro coinvolgimento, il reclutamento e l’utilizzo di bambini nei conflitti rappresenta sempre una grave violazione dei diritti dei bambini e del diritto internazionale umanitario.

 

Come INTERSOS aiuta i bambini soldato

 

INTERSOS conduce, con il sostegno di UNICEF, un progetto di reintegrazione di ex bambini soldato in Africa, nello specifico in Repubblica Centrafricana, uno dei paesi più colpiti da questo fenomeno, dove i bambini sono usati da tutti principali attori del conflitto interno in corso dal 2013 e dove il fenomeno ha ormai assunto i contorni di un’emergenza umanitaria. Nel corso del 2020 abbiamo preso in carico 214 ex bambini soldato liberati dai gruppi armati e ad oggi 180 di loro stanno completando il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.

 

“La piena reintegrazione di un ex bambino soldato è un percorso lungo e complesso, ma possibile” spiega Federica Biondi, operatrice di INTERSOS che ha lavorato insieme agli ex bambini soldato. “Significa dare a un minore la possibilità di reinserirsi nella società, accettando di riconoscersi in un nuovo ruolo e in una nuova identità, venendo accettato in questa nuova veste dalla famiglia e dalla comunità in cui va a vivere. E significa anche – racconta – avere condizioni materiali per vivere dignitosamente, attraverso la partecipazione a percorsi di educazione formale e informale e l’acquisizione di nuove competenze”.

 

Come funziona il reinserimento dei bambini soldato

 

INTERSOS con i programmi di reintegrazione accompagna questi ragazzi nel lungo e difficile percorso di reinserimento sociale. Nella prima fase, una volta accolto in un luogo protetto, il minore ha accesso alle cure mediche necessarie e riceve un costante supporto psicologico ed emozionale. Nella seconda fase, i minori vengono ricongiunti con la famiglia di origine o affidati a tutori.

 

Se hanno meno di 15 anni si favorisce il loro reinserimento nel sistema scolastico, sia attraverso corsi di alfabetizzazione e acquisizione di competenze di base, sia supportando economicamente chi si prenderà cura di loro. Se, invece, hanno più di 15 anni e non sono intenzionati a riprendere un percorso di studio, vengono coinvolti in attività formative utili a consolidare un’istruzione di base e ad imparare un mestiere confacente alla propria vocazione. Inoltre, viene garantito un sostegno utile all’inserimento lavorativo. Il programma prevede inoltre una attenzione specifica alle bambine e alle ragazze che nella maggior parte dei casi hanno subìto abusi sessuali e necessitano di cure mediche particolari e supporto psicologico.

 

 

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