A due anni di distanza dal terribile incidente della statale 16, un’istallazione artistica ricorda le vittime della strage e accende un riflettore su quanto poco è stato fatto per smantellare un sistema di sfruttamento vergognoso.

 

 

Il 6 agosto 2018, dodici persone sono morte in un incidente stradale lungo la statale 16 all’altezza dello svincolo per Ripalta, nelle campagne di Lesina. Le vittime erano tutte lavoratori agricoli di ritorno da una giornata di lavoro nei campi della periferia foggiana.

Quel pomeriggio gli operatori di INTERSOS sono diretti a Poggio Imperiale, a bordo dell’ambulatorio mobile, per il consueto giro di visite. Quando, avvertiti dell’incidente hanno chiesto alle persone se mancasse qualcuno all’appello, si è avvicinato un uomo: suo fratello non era ancora tornato dai campi. Insieme a quell’uomo hanno raggiunto il luogo dell’incidente. Solo due persone erano sopravvissute allo schianto, ma non il fratello dell’uomo e nemmeno gli altri undici lavoratori che erano andati nei campi all’alba, stipati in un pulmino senza sedili.

Il 6 agosto ricorre il secondo anniversario della strage, che era stata preceduta solo due giorni prima, il 4 agosto, da un altro incidente simile in cui altri 4 braccianti persero la vita. Dopo qualche giorno, l’8 agosto, è stata organizzata una grande mobilitazione provinciale che ha visto scendere in piazza insieme i sindacati e diverse associazioni e organizzazioni umanitarie, tra cui INTERSOS. Oggi, a distanza di due anni dalla mobilitazione, nulla è cambiato. “Continuiamo a vivere senza dignità, a lavorare senza diritti e a morire senza documenti”, raccontano gli stessi abitanti di Poggio Imperiale e incidenti come questo continuano ad essere dimenticati dopo poco.

Quest’anno però saranno i muri di Foggia a ricordare quelle morti che si dovevano evitare. Grazie a una collaborazione nata con INTERSOS, il fotografo Alessandro Tricarico realizzerà un’istallazione artistica in ricordo delle vittime dell’incidente, per ricordare, ma anche per denunciare le condizioni in cui queste persone continuano a lavorare e a vivere ormai da troppo tempo. Il titolo del lavoro è “Solo braccia” e riprende la frase dello scrittore svizzero Max Frisch che trent’anni fa, parlando dei migranti italiani in Svizzera, disse “Volevamo braccia, sono arrivati esseri umani”.

“Il 4 e 6 Agosto di due anni fa 16 morti sul lavoro hanno mostrato ancora una volta la crudele ipocrisia dello sfruttamento e della disumana retorica riferita ai lavoratori e lavoratrici immigrati dice Alessandro Verona, referente medico di INTERSOS, ricordando quei giorni. “Il 6 di agosto a Ripalta, sulla statale 16, sotto quei 12 lenzuoli bianchi stesi erano coperti padri, figli, uomini visti come sole braccia, diritti negati, la sofferenza del percorso migratorio incluse le brutalità della Libia, persone a cui è stata negata la dignità di esistere e di essere riconosciuti dal paese che doveva accoglierli. Persone trattate come carne da macello nello sfruttamento agricolo. Dove prima abitava chi ha perso la vita in quei furgoni, nulla è cambiato. Continuano lo sfruttamento, le condizioni abitative disumane, continua la mancanza di permessi di soggiorno, mettendo a repentaglio la salute e la dignità di queste persone che l’Italia sembra non voler vedere”.

 

Insieme agli incidenti non si devono poi dimenticare le numerose violenze ai danni dei lavoratori migranti che si sono verificate a Foggia in questi anni e che non sono mai cessate. Nel corso del 2019, in diverse occasioni, i lavoratori migranti sono stati minacciati o presi a sassate mentre andavano a piedi o in bicicletta per le vie della città, in particolare in via Manfredonia.

  • Il 13 luglio 2019 due persone provenienti dall’Africa sub-sahariana mentre si recano al lavoro all’alba vengono colpite da pietre lanciate da un’auto in via Manfredonia.
  • Il 15 luglio 2019 con la stessa dinamica, sempre all’alba, vengono colpiti 3 lavoratori di cui uno alla testa.
  • Il 17 luglio 2019 un giovane africano mentre va al lavoro in motorino viene speronato da un’auto. Perde un dente e si procura una ferita lacero-contusa al labbro inferiore. Mentre è riverso a terra una persona scende dall’auto e si accanisce contro il motorino.
  • Il 23 luglio 2019 tre persone in bicicletta vengono colpite alla testa con pietre lanciate da un’auto in corsa. Uno di loro è stato sottoposto ad operazione chirurgica per una frattura scomposta al volto.

Oggi la situazione non è cambiata: solo due giorni fa, il 4 agosto 2020, un lavoratore nigeriano di 22 anni è stato ferito agli arti con una pistola a pallini mentre andava al lavoro. A sparare due persone su uno scooter.

 

Sono tutti sintomi delle condizioni di vita insostenibili di queste persone, le cui richieste di aiuto continuano a restare inascoltate. A tutto ciò si è aggiunto il decreto sicurezza a dicembre 2018, e una regolarizzazione evanescente a luglio 2020.

L’unica via per contrastare lo sfruttamento di questi lavoratori e permetterne la reale emersione come persone e non solo come manodopera, è una riforma della legislazione nazionale in materia di immigrazione, unita ad un’azione istituzionale complessiva su diversi piani interconnessi tra loro, che porti a una effettiva inclusione sociale, abitativa e lavorativa e che contrasti efficacemente il sistema di sfruttamento sul quale si regge l’intera filiera del lavoro agricolo dalla semina e raccolta dei prodotti agricoli. Fin ora, le iniziative istituzionali messe in pratica risultano evidentemente parziali e insoddisfacenti, insufficienti quantitativamente e qualitativamente allo scopo della liberazione delle persone dalle condizioni di sfruttamento e degrado.

Riflettere su tutto questo, ricordare e denunciare. È questo lo scopo dell’opera di Alessandro Tricarico, che a partire dalla data simbolica del 6 agosto, sorgerà sui silos dell’ex stabilimento Casillo in via Manfredonia, proprio all’ingresso della città di Foggia. La gigantografia di 32×23 metri sarà completamente in carta e quindi destinata a sgretolarsi nel tempo, proprio come la memoria di questi eventi tragici.

 

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