Sei milioni di morti in vent’anni di guerra – il conflitto bellico più sanguinoso dopo la seconda guerra mondiale – cessate il fuoco mai rispettati, massacri interetnici, carestie, aids, malattie endemiche e migliaia di bambini soldato. Questa la drammatica situazione della Repubblica Democratica del Congo. Nonostante la guerra sia ufficialmente finita nel 2003 e nel 2007 si siano tenute le prime elezioni parlamentari libere, i gruppi armati del Ruanda, del Burundi, del Congo e dell’Uganda continuano a terrorizzare intere aree del paese.
Lo stupro e aberranti atti di violenza sessuale sono stati fin dall’inizio il segno distintivo di questo brutale conflitto; una strategia di guerra che ha fatto vittime anche tra le bambine.
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Un paese in cui «Il corpo delle donne è diventato un campo di battaglia e lo stupro è utilizzato come arma di guerra» ha dichiarato Denis Mukwege, medico e attivista, candidato al Premio Nobel per la Pace.
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Le sofferenze inflitte dallo stupro vanno ben oltre il momento dell’aggressione. La maggior parte delle superstiti porta cicatrici fisiche e psicologiche per il resto della vita. E la violenza sessuale ha anche un profondo impatto sulle famiglie, sulle comunità e sulla società.
Spesso una delle ragioni dell’isolamento delle donne è la presenza delle fistole (una lacerazione tra i tessuti che separano la vagina dal retto, causata dalla violenza) che provocano grave incontinenza che rende sgradevole, se non impossibile, la vita in comune.
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Lo stupro come arma di guerra, le donne della provincia del Kivu, sanno bene che cosa significhi. Ed è nelle zone di Karisimbi, Rutshuru e Lubero Health Zones, nel Kivu settentrionale, che opera INTERSOS, per restituire dignità alle donne che soffrono di fistole attraverso la ricostruzione chirurgica, l’assistenza medica e psicosociale e il reinserimento socio-economico.
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Faizah, una bambina di 10 anni, si trova ancora nel centro medico dove è stata operata ma si sta rapidamente riprendendo. “Ero andata nella foresta di Virunga a raccogliere la legna da vendere al mercato, insieme a 4 amiche. All’improvviso siamo state circondate da 4 uomini armati. Abbiamo cercato di fuggire ma non è stato possibile. Sono stata aggredita e violentata da tutti e 4. Mi hanno abbandonata lì, priva di sensi. Non ricordo più niente fino al momento in cui mi sono risvegliata in ospedale. Purtroppo mia madre non aveva i soldi per le cure e così ci hanno rimandate a casa e per 11 mesi io sono rimasta con le feci che mi colavano sulle gambe. Poi ho incontrato gli operatori di INTERSOS che mi hanno informata sulla possibilità di essere operata gratuitamente in questo centro. Adesso sono stata curata, non soffro più di incontinenza e cerco finalmente di riprendere una vita normale! E INTERSOS ci sta anche aiutando ad avviare una piccola attività per vendere i prodotti al mercato”.
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Già dal 2007 la Repubblica Democratica del Congo ha una legge severa contro la violenza sessuale e gli stupri, (che commina fino a vent’anni per il reato di stupro e classifica quest’ultimo come un crimine contro l’umanità) ma non è sempre stato facile applicarla. Forse qualcosa sta cambiando visto che nel novembre 2017 c’è stata una sentenza esemplare del tribunale militare del Sud Kivu, che ha condannato alcuni miliziani per gli stupri commessi contro 37 bambine tra il 2013 e il 2016. Ma molto resta da fare, soprattutto per aiutare le donne colpite dalla violenza a superare il trauma e riprendere il controllo della propria vita.
Puoi sostenere Faizah e le altre vittime di violenza