I dati, le analisi, le raccomandazioni per il futuro. Dopo due anni di impegno nell’estremo Nord del Paese africano, una valutazione ci aiuta ad analizzare l’impatto del nostro lavoro
Valutare un progetto è uno dei compiti più difficili. Valutare un progetto in Camerun lo è ancora di più, in un Paese che vive e ha vissuto più crisi contemporaneamente: conflitti armati, milioni di profughi, carenze alimentari e la pandemia. Di più: una valutazione non può essere banalizzata in un voto. Non è una promozione o una bocciatura. Ma un’analisi indispensabile a capire cosa abbia funzionato e cosa cambiare, per rendere l’azione umanitaria sempre più efficace. E sempre più trasparente, come vogliamo fare rendendo pubblici i risultati di un’importante valutazione delle nostre attività realizzata nei mesi passati.
Il progetto di cui stiamo parlando, durato due anni (dal 2018 al 2020), si è concentrato in tre dipartimenti all’estremo Nord del Camerun: Mayo-Tsanaga, Mayo-Sava, Logone & Chari, dove vive il 64 per cento delle persone bisognose di aiuto umanitario. L’obiettivo del progetto era quello di migliorare la sicurezza alimentare delle persone assistite, attraverso un rafforzamento della loro capacità di produzione alimentare e di allevamento. Il progetto prevedeva, tra le varie attività, corsi di formazione sulle tecniche agropastorali, distribuzione di sementi e di piccoli ruminanti, ma anche di beni per migliorare le condizioni di vita, quali materassi e coperte, set da cucina, etc.
Leggi la valutazione del progetto nell’estremo Nord del Camerun
Come si è svolta la valutazione
Per la valutazione finale di tutto questo lavoro sono stati utilizzati i “criteri” adottati internazionalmente dall’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dal comitato di aiuto allo sviluppo (OCSE/DAC). Criteri che si possono sintetizzare così: pertinenza e adeguatezza, efficienza, efficacia, sostenibilità e probabilità di impatto. Il lavoro di valutazione si è diviso in tre fasi. La prima, con l’analisi dei documenti. La seconda, con l’accertamento diretto dei fatti, in Camerun. La terza, la cosiddetta fase di completamento, con la redazione del documento finale e la definizione di alcune raccomandazioni per il lavoro futuro. Centrale, in tutto questo, è stata la metodologia di raccolta dei dati. Perché si è svolta soprattutto attraverso le interviste a persone che abbiamo chiamato “informatori chiave” e attraverso focus group. Protagonisti operatori e operatrici di INTERSOS, rappresentanti dei gruppi di lavoro dei settori implementati, ma anche delegati locali delle autorità pubbliche. In tutto un campione di 27 informatori chiave, ascoltati fra il 30 ottobre ed il 12 novembre dell’anno scorso.
Nello stesso periodo di tempo, si sono svolti i focus group, coinvolgendo le persone assistite in sette centri dei tre dipartimenti dove si è svolto il progetto. In ogni località, si sono svolte quattro riunioni, distinte: per donne, per uomini, per i “supervisori rurali” (che sono sia uomini che donne) e per i leader delle comunità (anche in questo caso possono essere sia uomini che donne). Ovviamente, all’inizio di ogni focus group, le persone coinvolte sono state informate di quale fosse lo scopo degli incontri, le discussioni sono state interamente registrate e – cosa più importante – è stata garantita loro la più completa riservatezza.
Da questo metodo ne discende che la valutazione è stata per lo più di natura qualitativa. Ci sono però state alcune limitazioni, tra cui quella linguistica: per garantire la massima partecipazione ed evitare troppe interruzioni, si è deciso di far condurre i focus group allo staff nazionale, esterno al progetto ma sempre appartenente a INTERSOS, direttamente nei dialetti locali. Di conseguenza, le informazioni utilizzate per la valutazione sono quelle tradotte successivamente in francese, ma va considerato un minimo livello di influenza tanto nella traduzione quanto, a monte, nell’iniziale spiegazione e conduzione dell’esercizio.
I risultati della valutazione
I risultati? Si può dire tranquillamente che l’intervento di INTERSOS nelle regioni dell’estremo Nord del Camerun abbia risposto ai reali bisogni della popolazione. Tutte le attività del progetto sono state riconosciute come “pertinenti ed efficaci” dagli attori coinvolti. Probabilmente perché le iniziative sono partite dopo un lavoro di analisi condotto da INTERSOS e da altri attori umanitari, ma soprattutto perché, fin dalle fasi iniziali, sono state coinvolte le comunità locali. Inoltre, come da obbiettivi prefissati, sono state prese in forte considerazione le problematiche legate alla condizione delle donne e va sottolineato che la rappresentanza delle donne – nei comitati e negli altri organismi di rappresentanza creati durante il progetto – è stata sempre attorno al 50 per cento.
Anche le tempistiche sono state rispettate. Con un solo problema – segnalato in quasi tutti i focus group: il ritardo nella distribuzione delle sementi per le colture orticole. Ritardi, in parte giustificabili con i problemi legati alla pandemia, alle piogge e alle condizioni di sicurezza. Va aggiunto anche che l’unico indicatore che sembra non abbia raggiunto l’obbiettivo è quello relativo alla distribuzione dei kit NFIs, cioè dei generi non alimentari: le lamentele delle persone assistite però non si riferivano al rispetto dei tempi previsti – tutti rispettati – ma alla qualità del materiale, non sempre apprezzato.
Gli obbiettivi possono essere invece valutati in termini quantitativi per ciò che riguarda la sicurezza alimentare e quindi il miglioramento della condizione delle persone assistite. Dove sono quasi duemila le persone formate – con appositi corsi – sulla conservazione e trasformazione delle sementi, invece delle 1720 previste all’inizio. E dal numero di coloro che hanno tratto benefici diretti nel miglioramento della produzione agricola: l’obbiettivo iniziale erano di 17 mila e 508 persone. Sono diventate 19 mila e 652 (per altri dati, pagina 19).
INTERSOS nell’estremo Nord del Camerun
Tutto questo si è realizzato grazie, forse, ad un elemento sopra agli altri: la presenza di INTERSOS nel Nord del paese, consolidata da diversi anni. Tutte le parti coinvolte hanno confermato, infatti, che INTERSOS è “un attore riconosciuto, tanto dalle comunità locali, quanto dalle autorità”, soprattutto perché il suo staff è presente in questi difficili territori da molto tempo e conosce il contesto.
Le criticità emerse nel corso del progetto hanno portato ad elaborare alcune raccomandazioni. Semplici: accertarsi che tutte le persone assistite abbiano compreso come saranno gestite le attività (la nostra esperienza ci dice che l’aver spiegato bene come funzioni un mulino non significa automaticamente che tutti ne siano consapevoli); rafforzare i canali “confidenziali” con cui le persone possano comunicare con INTERSOS, in caso di necessità o per chiedere supporto/aiuto in caso di problemi legati al progetto; includere attività per aumentare l’accesso delle persone ai punti d’acqua; considerare le dimensioni delle famiglie nella pianificazione dei kit di aiuti non alimentari; dotare – come accennato – i supervisori rurali dei mezzi necessari ai loro compiti e – per quanto riguarda per esempio la distribuzione delle sementi – pensare ad un “approccio fieristico”. E laddove non sia possibile, ipotizzare una sorta di voucher per l’acquisto che sostituisca le distribuzioni dirette di beni, aumentando l’autonomia delle famiglie beneficiarie.
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