Ci sono storie che se anche non durano una vita, ne segnano certamente la parte preponderante. Storie che negli anni ti cambiano profondamente, creando legami, memorie, reciprocità. La storia che lega Hassan Mahad Abdi ad INTERSOS è una di queste. È una storia iniziata 25 anni fa, insieme al primo, grande, progetto avviato dalla nostra organizzazione in Somalia, con la presa in carico dell’ospedale regionale di Jowhar, e che, da quel momento, non si è mai interrotta.

Hassan, che ha oggi “59 anni suonati” – come dice, sorridendo, in un perfetto italiano – ne aveva 34 quando firmò il primo contratto con INTERSOS, primo operatore di quel progetto ancora tutto da costruire. “Era in corso l’operazione Ibis – racconta- nell’ambito della quale i militari italiani avevano avviato un programma di sanità a Jowhar, riabilitando la struttura dell’ospedale locale. Lavoravo con loro come interprete”.

A marzo 1994 la sua vita cambia, con il passaggio di consegne della struttura ad INTERSOS, un’organizzazione umanitaria nata poco tempo prima, che era già operativa a Mogadiscio. “La prima persona di INTERSOS che ho conosciuto è stato il nostro presidente emerito, e fondatore, Nino Sergi. L’obiettivo, che abbiamo raggiunto e al quale siamo rimasti fedeli in tutti gli anni successivi, era garantire la continuità dell’assistenza medica, superando qualsiasi rischio d’interruzione dei servizi”.

Più ancora che ad INTERSOS, la storia di Hassan è legata a Jowhar, la città in cui è nato e cresciuto. Chiamata, ai tempi dell’occupazione italiana, Duca degli Abruzzi, Jowhar è stata a lungo sede del primo e più importante zuccherificio della Somalia, costruito e gestito da italiani per oltre 50 anni, dal 1920 al 1973, quando è stato espropriato e nazionalizzato dal governo somalo.

Negli anni in cui Hassan era bambino, Jowhar ospitava fino a 500 italiani, alcuni dei quali con le loro famiglie. Ha avuto, quindi, l’opportunità di frequentare la scuola elementare locale, gestita da suore, con lezioni interamente in italiano e imparare la nostra lingua, poi perfezionata negli studi superiori alla Scuola Monsignor Filippini di Mogadiscio, dove ha ottenuto il diploma di ragioniere.

In tanti anni, Hassan ha aiutato INTERSOS, fino ad assumere ampie responsabilità, a far crescere l’ospedale di Jowhar e la sua capacità di risposta ai bisogni dell’intera regione, così come ad affrontare i momenti più difficili, come l’evacuazione del personale internazionale nel 2008 a seguito dell’inasprirsi del conflitto e dell’insicurezza nell’area.

La Somalia sembra una malattia incurabile – commenta – Non si riesce a vedere una soluzione e l’emergenza umanitaria si è cronicizzata. In 25 anni ho visto i bisogni rimanere immutati e la capacità interna faticare a crescere: anche per questo siamo rimasti a Jowhar così a lungo”.

In questi anni, Hassan ha anche visto il cambiamento della nostra organizzazione: “La struttura è cresciuta – osserva – Ora la sede centrale di Roma è in gradi di offrirci un supporto più ampio”. Di una cosa in particolare Hassan è grato a INTERSOS: il fatto di essere stato parte di una famiglia e di essersi potuto prendere, così, cura anche della sua famiglia: “Seguendo il progetto di Jowhar sono rimasto vicino a mia moglie e ai miei figli e permettere loro di studiare e completare gli studi universitari”. Nei giorni in cui lo incontriamo in Italia è particolarmente felice: ha appena conosciuto il nipotino appena nato da sua figlia, che oggi vive in Olanda.