Nella Repubblica Democratica del Congo la crisi alimentare si somma a una costante presenza di conflitti armati, disastri naturali e focolai di malattie, ultima il COVID-19

 

 

Una persona su tre nella Repubblica Democratica del Congo soffre di fame acuta, in totale si tratta di 7 milioni su circa 27,3 milioni di persone che vivono in stato di insicurezza alimentare. La matematica è diretta e senza scrupoli anche se si parla di vite umane e l’ultimo allarme è stato lanciato lo scorso aprile dalle Nazioni Unite insieme all’Organizzazione Mondiale per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e l’agenzia del World Food Programme.

 

Questo è un Paese dove la fame è cronica da anni. Da decenni si utilizza la definizione di crisi umanitaria per raccontare ciò che accade nella Repubblica Democratica del Congo, dove conflitti armati, disastri naturali e focolai di malattie divengono caratteristiche imprescindibili per la descrizione dello stato delle cose. Nonostante il tasso di povertà del più grande Paese dell’Africa sub-sahariana sia leggermente diminuito negli ultimi due decenni, in particolare nelle zone rurali, la Repubblica Democratica del Congo rimane una delle aree più povere del mondo. Un contesto di crisi aggravato dallo stallo politico e dal ripetuto rallentamento della crescita economica e sociale.

 

Conflitti interni e crisi alimentare

 

La fame è radicata, estesa e totalmente indifferente alle vulnerabilità già esistenti nel territorio. L’insicurezza interna, la convivenza spesso difficile tra più di 200 gruppi etnici e i continui scontri inter-comunitari, che ad oggi risultano essere compiuti da 120 gruppi armati concentrati nelle zone delle province orientali come quelle di Ituri, Nord e Sud Kivu e Tanganyika, così come la regione centrale del Kasai, fanno di questo un Paese profondamente ferito. In tutte queste aree di conflitto l’arrivo del COVID-19 e delle conseguenze economiche della pandemia, ha contribuito ad accrescere la crisi alimentare già esistente.

 

L’intervento umanitario in posti come questo diviene essenziale se non addirittura imprescindibile. INTERSOS è nel Paese da dodici anni, di cui gli ultimi tre con focus sull’est del territorio dove gli spostamenti di massa delle persone proseguono a seguito delle violenze e degli scontri tra gruppi rivali. Si fugge continuamente in Repubblica Democratica del Congo, si cerca costantemente un luogo che sia più sicuro di quello precedentemente abbandonato. Per quasi due decenni, la regione di Hauts-Plateaux di Fizi / Itombwe (Mwenga) e Uvira, situata nel Sud Kivu, è stata afflitta da continue tensioni e ripetute guerriglie tra comunità locali.

 

La violenza aumenta la precarietà economica, sociale, politica e l’accesso al cibo è sempre più difficile. Il nutrimento per sopravvivere è privilegio per pochi, pochissimi. Per rispondere a tale emergenza operatori e operatrici di INTERSOS hanno avviato un progetto dove è il cibo stesso che viene consegnato alle persone, in luoghi angusti e rurali che altrimenti sarebbero esclusi da qualsiasi intervento per via dell’assenza di collegamenti stradali. Come portare da mangiare a famiglie così isolate e in stato di insicurezza alimentare? Camminando. Uomini e donne si avviano per km e km di strada sterrata, tra foreste e paludi, trasportando con sé pacchi di cibo da consegnare a chi non ne ha. Nel 2021 può apparire un’impresa eroica o surreale, ma in luoghi come la Repubblica Democratica del Congo assume la veste di normalità e di dovere per rispondere a un’emergenza. 

 

Le conseguenze del COVID-19 sull’accesso al cibo

 

Nelle tre zone dove è attivo il progetto, circa 76.478 persone sono sfollate, un dato in evoluzione alla luce dei continui spostamenti della popolazione. In termini di accesso al cibo, l’instabilità locale contribuisce alla perdita dei raccolti, come accaduto nel 2020, quando interi raccolti e sementi sono stati saccheggiati da uomini armati, e vasti campi agricoli incendiati o devastati. L’impatto sulla sicurezza alimentare della popolazione è stato immediato, con un aumento di quasi il 300% del prezzo dei prodotti alimentari. Quasi il 70% della popolazione congolese vive in zone rurali, principalmente impegnata nella coltivazione, nella pesca e nell’allevamento di bestiame, in condizioni precarie e povertà assoluta nonostante l’immenso potenziale.

 

I livelli di insicurezza alimentare sono ulteriormente aumentati con l’introduzione di misure contro la diffusione del COVID-19, che hanno imposto restrizioni ai movimenti e causato perdita di reddito, provocando un ridotto accesso ai mercati e, di conseguenza, l’aumento dell’inflazione. Per una popolazione composta principalmente da giovani e bambini, l’incertezza del futuro diviene cronica così quanto la fame che la sovrasta da anni. Soprattutto per i bambini sotto i cinque anni e le donne incinte o che allattano, la mortalità è in aumento ed è più che urgente assicurare interventi di cura e prevenzione. Proprio per questo motivo, INTERSOS rafforzerà il suo sostegno alle strutture sanitarie attraverso il monitoraggio medico del trattamento contro la malnutrizione.

 

 

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