Nel paese l’accesso alle cure è quasi impossibile, soprattutto per le donne in gravidanza. Con l’aiuto dell’Unione Europea garantiamo assistenza medica e psicologica alle persone colpite dal conflitto

 

 

Siamo nello Yemen. Hajar ha ventidue anni ed è sposata con Faris, di ventitré. Per via di un’anemia cronica, rimane incinta dopo tre anni di tentativi e, al settimo mese, dopo aver saputo dai volontari comunitari di INTERSOS del lavoro che fa l’équipe della clinica mobile nel distretto di Dar Sa’ad (Aden), dove si è stabilita con suo marito un anno fa dopo aver dovuto abbandonare il governatorato di al-Hudaida, nel distretto di Al-Haly, si rivolge a noi. Qui, viene visitata dal medico di base e vaccinata contro il tetano. Viene poi indirizzata all’ostetrica per essere registrata per ricevere le cure prenatali, e all’infermiera nutrizionista per uno screening che le diagnostica malnutrizione acuta moderata (MAM) e ipertensione. Malnutrita al settimo mese, condizione pericolosa per lei e la bambina. Viene iscritta di corsa al programma di alimentazione complementare, dove viene curata e nutrita con cibo altamente terapeutico.

 

Al nono mese di gravidanza, Hajar torna a farsi visitare dalla nostra équipe sanitaria mobile: è molto pallida, sembra esausta. Suo marito è stato incarcerato e le condizioni in cui vive sono disperate. Si sente debole, ha le vertigini, non dorme e non mangia da giorni. Soffre d’ansia, è stanchissima e molto triste. Senza suo marito è sola, e non ha soldi per comprare cibo o beni essenziali. La nostra assistente sociale allora si prende cura della sua salute mentale attraverso sedute di sostegno psicologico, e l’aiuta a trovare un avvocato per il marito. La nostra infermiera invece l’accompagna a fare una visita ginecologica all’ospedale di Al-Sadaqa: una grave anemia, pressione alta e una cervice dilatata di un centimetro trasformano la sua in una gravidanza ad alto rischio. Riceve quindi una trasfusione e viene trattenuta in ospedale sotto monitoraggio per 24 ore, poi viene dimessa. Purtroppo, l’ospedale non ha le risorse per garantire assistenza per le gravidanze ad alto rischio e Hajar non può essere trattenuta più a lungo né restare per essere monitorata costantemente in attesa di un parto sicuro e dignitoso.

 

Dopo aver passato tre giorni a casa, Hajar contatta l’infermiera che la trasferisce immediatamente all’ostetrica della clinica mobile: è arrivato il momento, sta per partorire. Così nasce Nadera, una bambina che porta il nome dell’infermiera che si è presa cura di sua madre. Che ora, grazie al nostro personale, sa come prendersi cura della sua bambina, come gestire l’allattamento al seno, come nutrirla al meglio. Hajar non è sola e continua a essere seguita da INTERSOS che, dopo il parto, la iscrive al programma di sviluppo postnatale e infantile somministrandole ferro e acido folico, cibo altamente nutritivo e multivitaminici, antibiotici e antidolorifici, e vaccinando Nadera contro la poliomielite.

 

Partorire nello Yemen

 

Quella di Hajar è una storia non comune. Sono troppe le donne che ogni giorno, nello Yemen, non hanno accesso ai servizi sanitari di base. Per via del confitto in corso da più di sette anni, nel Paese più di 20 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Il sistema sanitario è appeso a un filo. Solo la metà di tutte le strutture sanitarie è ancora in funzione e di queste, solo il 20% fornisce servizi di salute materno-infantile. Una donna muore di parto ogni due ore. Grazie al sostegno dell’Unione Europea, INTERSOS offre servizi emergenziali integrati di salute, nutrizione e protezione alle persone colpite dal conflitto e sfollate ad Hajja (distretti di Abs e Ku’aydina), Aden (distretti di Al-Buraiqa e Dar Sa’ad) e Lahj (campo sfollati di Al-Ribat nel distretto di Tuban). L’obiettivo del progetto è assistere più di 65.000 persone.

 

Ad Hajja offriamo servizi emergenziali integrati di salute e nutrizione attraverso due cliniche mobili e il supporto a quattro strutture sanitarie che riforniamo di farmaci, attrezzature mediche e di laboratorio, e dove paghiamo il personale specializzato, mentre una rete di volontari si dedica alla sensibilizzazione della comunità dal punto vista sanitario. Gestiamo anche tre ambulanze con attrezzatura per rianimazione per intervenire nei casi più difficili e supportiamo due ospedali distrettuali a cui pure forniamo farmaci, attrezzature mediche e di laboratorio. Per offrire servizi di protezione d’emergenza integrati con i servizi di salute e nutrizione, i nostri esperti di protezione coprono gli stessi bacini di utenza delle strutture sanitarie o delle cliniche mobili, mentre volontari si occupano dell’accoglienza e dell’assistenza.

 

Ad Aden e Lahj, abbiamo attivato tre cliniche mobili e con noi collaborano volontari per sensibilizzazione della comunità. Le cliniche mobili sono collegate a due ambulanze con attrezzatura per rianimazione, che assicurano il trasferimento dei casi di emergenza agli ospedali di riferimento nelle stesse aree. Gestiamo un Centro comunitario a Dar Sa’ad e i nostri esperti di protezione, attraverso una squadra semi-mobile, visita regolarmente il sito per sfollati di Al-Ribat. I volontari assicurano l’assistenza sostenendo il personale di protezione nello screening/identificazione, nel rinvio a specialisti, nel coinvolgimento della comunità e nella sensibilizzazione sui servizi disponibili.

 

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