Fuggita dalla Nigeria e da atroci sofferenze, il nostro staff l’ha incontrata ad Atene, dove la aiuta con distribuzioni alimentari e sostegno psicologico

 

 

Naomi è seduta su un materasso nella sua stanza ad Atene. Un armadio, una poltrona, un vecchio materasso sul pavimento, le sue cose in alcuni sacchetti di plastica. Cosparge di olio il figlio Lord di un anno che non sta mai fermo. Gli fa il solletico e sorridendo dice: “In Nigeria non c’erano soldi per andare a scuola.  Quando avevo sei anni, mia madre, una “donna d’affari”, mi ha venduta a una donna che mi ha portata in Ghana. Anche lì non potevo andare a scuola, dovevo occuparmi dei suoi figli e lavorare in casa fino a sera. Questa donna mi picchiava, avevo molta paura lei”.

 

Naomi ha 33 anni, è nigeriana. L’abbiamo conosciuta ad Atene, durante la distribuzione di cibo che facciamo nell’ambito del progetto “Food for All” insieme al Forum Migranti. Dopo anni di violenze e sofferenze è arrivata in Grecia, dove ora lotta per avere una vita migliore per sé e per suo figlio. Vulnerabile e sola, ha raccontato di essere riuscita a fuggire dalla donna che la sfruttava a circa 30 anni. “Sono scappata da sola, senza un soldo in tasca: sono stata in diversi paesi, ma ovunque c’erano problemi con gli uomini”. In Iraq, una coppia l’ha chiusa in una stanza e costretta a prostituirsi. “Il sesso mi serviva per sopravvivere”. Sul corpo Naomi ha i segni degli abusi, e una brutta una cicatrice sul petto: “Un uomo mi ha morso fino a farmi sanguinare”. Poi è rimasta incinta di uomo che non ha voluto usare il preservativo. Ma fortunatamente una conoscente l’ha aiutata a fuggire. Naomi sperava di arrivare in Grecia e costruire una vita migliore, ma non è andata così.

 

Ha vissuto nel campo profughi di Moria, a Lesbo, dove ha dato alla luce Lord. Quando il campo è stato chiuso, si sono trasferiti nel campo di Eleanos ad Atene: “Nelle cabine di metallo faceva un caldo terribile e gli scarafaggi erano ovunque”. Dopo tre mesi nel campo di Eleanos, Naomi ha ricevuto il permesso di soggiorno. Questo però significava che doveva lasciare il campo e cavarsela da sola.  “Alla fine di giugno, la polizia si è improvvisamente presentata alla porta e ha buttato fuori me e il mio bambino. Ero disperata, non conoscevo nessuno qui, non avevo soldi, cosa dovevo fare?”. Ha dormito nei parchi e ha cercato cibo nei cassonetti, finché una donna ghanese che l’ha vista piangere disperata le ha offerto una stanza in affitto. “Mi sono data da fare perché ho dovuto mettere insieme l’affitto di 150 euro al mese”.

 

Sul davanzale della finestra è appeso un giubbotto giallo fluorescente ad asciugare. Ora Naomi lavora in una ditta di pulizie degli autobus: sei giorni a settimana, dalle 21 alle 4 del mattino, per 600 euro al mese. “Lord resta a casa di una babysitter che costa 150 euro al mese”, dice. “Quando torno a casa, dormo per qualche ora e poi vado a prendere Lord. Odio lasciarlo con qualcun altro”. A volte, se il cibo non basta, Naomi prende qualcosa dalla coinquilina o guarda tra i rifiuti per trovare qualcosa di commestibile. Lord vuole il latte, mi tira giù la camicetta e mi afferra il seno. Ma purtroppo, non mangiando sano, latte non ne ho più”. All’improvviso arriva una telefonata da un rifugiato del campo che conosce. Allora inizia a gridare: “Lasciami in pace, non chiamarmi più! Pensa di potersi ancora approfittare di me – spiega – ma io voglio davvero una vita migliore per me e per Lord! A volte faccio finta di dormire e lui viene a darmi dei baci. Sto lottando per un futuro migliore, per lui”.

 

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