Con 4 cliniche mobili e il sostegno a 2 strutture sanitarie esistenti, insieme all’Unione Europea, abbiamo assistito oltre 17mila persone

 

 

Sebbene siano passati cinque anni da quando, nel novembre 2017, il governo iracheno ha annunciato che le operazioni militari avevano portato con successo alla riconquista di tutto il territorio iracheno prima sotto il controllo del gruppo dello Stato Islamico (ISg), dei 6,1 milioni di persone sfollate tra il 2014 e il 2017, nel 2022 circa il 19% è ancora sfollato. Oltre a coloro che sono tornati in Iraq, la popolazione interna sfollata continua a dover affrontare una situazione caratterizzata da mancanza di servizi pubblici essenziali, da abitazioni distrutte o danneggiate, tensioni sociali e insicurezza.

 

In questo scenario, grazie ai fondi dell’Unione Europea, da giugno 2021 INTERSOS ha garantito a 17.826 persone servizi di assistenza sanitaria di base e di protezione umanitaria in aree remote dei governatorati di Ninewa e Salahaddin, attraverso 4 cliniche mobili e il supporto a 2 strutture di assistenza sanitaria di base esistenti. Una delle aree in cui operiamo è il distretto di Samarra, meta di molti sfollati interni durante il conflitto. Ad oggi, 15.318 sfollati interni sono ancora lì, senza prospettive di rientro, mentre 23.394 rimpatriati nello stesso distretto vivono in condizioni di estrema difficoltà, senza mezzi di sussistenza né servizi di base. A Samarra, gli interventi di INTERSOS puntano a ridurre le barriere di accesso alla salute e offrono servizi di protezione umanitaria come la sensibilizzazione sulla violenza di genere, la presa in carico diretta delle persone più vulnerabili e, in alcuni casi, l’assistenza economica diretta.

 

La storia di Uroba

 

La nostra équipe di esperti di protezione segue le persone sopravvissute a violenza di genere e con esigenze specifiche e, nei casi più fragili, garantisce assistenza economica diretta. Nei casi in cui serva un intervento complementare, l’équipe indirizza la persona all’unità sanitaria di INTERSOS o ad altri specialisti della zona. Come è successo a Uroba, una donna di 49 anni, sfollata a Samarra da dicembre 2014 che abbiamo potuto aiutare grazie ai fondi dell’Unione Europea. Suo marito è morto l’anno scorso e la famiglia di lui l’ha privata dell’eredità e dei beni del marito (auto e casa incluse), costringendola a vivere a casa della sorella. Noi l’abbiamo incontrata nell’ottobre 2021, ad Al Tresha: qui il nostro staff ha notato che Uroba era in evidente stato di stress, a causa del prolungato sfollamento e delle conseguenze della morte del marito, e che aveva dei problemi di salute. In particolare, aveva un edema al piede, causato da problemi al sistema circolatorio, e aveva urgente bisogno di cure.  L’équipe sanitaria di INTERSOS l’ha seguita e le ha dato i farmaci per curare l’edema. Inoltre, Uroba ha seguito un percorso di sostegno psicosociale di 4 sessioni, che l’ha aiutata a trovare il modo di riprendere in mano la sua vita.

 

Ha anche ricevuto assistenza economica diretta (300.000 IQD, circa 200 dollari) che le ha permesso di pagare le tasse necessarie per ricevere la pensione del defunto marito. Le comunità che hanno subito uno sfollamento prolungato molto spesso hanno scarsissime risorse economiche. Con la pandemia di COVID-19, che ha soffocato l’attività economica (si stima che la disoccupazione sia aumentata del 10% durante la pandemia), sono stati particolarmente colpiti gli sfollati interni e i rimpatriati, che, come fonte primaria di reddito, hanno principalmente lavoro informale e a giornata. Dopo l’ultima seduta, Uroba ha riferito di sentirsi molto meglio. L’edema al piede è stato curato e ha avuto accesso alla pensione del marito che le permette di avere una fonte di reddito. Dice di sentirsi mentalmente più incline a immaginare un futuro migliore per lei e i suoi figli e si augura che altri, nella zona, possano ricevere lo stesso sostegno che ha ricevuto lei.

 

* foto scattata prima della pandemia

 

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