Da alcuni giorni l’organizzazione umanitaria italiana ha iniziato a fornire cure primarie ai lavoratori stagionali che si trovano in più assembramenti informali nella provincia di Foggia.
Con 2 unità mobili mediche, viene fornita assistenza medica ed orientamento ai servizi socio-sanitari a Borgo Mezzanone, Rignano Scalo, e altri 3 insediamenti nella zona

“E’ da qui, in questi non-luoghi, che senza ipocrisia dobbiamo chiamare ghetti, che comincia uno sfruttamento spietato per portare frutta e verdura a basso costo sulle tavole di tutta Europa, senza che se ne conosca il costo umano, invisibile sui banchi dei supermercati” sostiene Alessandro Verona, Coordinatore Medico Unità Migrazioni di INTERSOS.
“Non-luoghi nei quali si respira uno smisurato desiderio di riscatto attraverso il lavoro e l’attaccamento alla propria comunità, nei quali si denuda l’ipocrisia fra la stigmatizzazione politica delle migrazioni e il suo sfruttamento strumentale e feroce. Un’ipocrisia che crea terreno fertile per le tensioni sociali e l’odio di stampo razzista che ha portato alla morte di Soumalya Sacko, e di cui questo clima politico è complice” conclude Verona.

Attraverso l’assistenza medica e l’orientamento ai servizi e con una forte collaborazione con gli attori locali, INTERSOS intende contribuire ad aumentare l’inclusione delle persone a partire dalla tutela della salute, proponendo soluzioni efficaci che nascano dal coinvolgimento attivo e partecipe di coloro che si trovano a vivere in queste condizioni.

Alcune cifre per raccontare il territorio e le condizioni di vita dei lavoratori.
Sono circa 400.000 le persone coinvolte dal caporalato, di cui la Puglia vede 40.000 lavoratori in nero, e 60.000 ‘in grigio’ (dichiarazione di una sola percentuale delle giornate lavorate, e pochissimi contributi versati; frequentemente le giornate in esubero vengono dichiarate come lavorate da figure non realmente impieganti, e.g. i parenti del proprietario), come esposto da FLAI-CGIL nel giugno 2017.
La raccolta del pomodoro (destinato ad essere lavorato in Puglia, o, più frequentemente, trasportato e lavorato nelle province di Salerno, Napoli e Caserta) segna il massimo numero di presenze, da luglio a settembre. In questi 50-60 giorni di raccolta intensiva almeno 6000 persone cercano riparo nelle baraccopoli e nelle masserie abbandonate, in condizioni igienico-sanitarie drammatiche. Alcune persone, in una quota di almeno 1500-2000, vivono in queste condizioni tutto l’anno, incluso l’inverno con tutte le sue criticità, raccogliendo cavoli, patate, asparagi, angurie, meloni, olive.
I lavoratori agricoli di origine straniera presenti in Puglia si concentrano prevalentemente nella provincia di Foggia dove i migranti lavoratori in alta stagione possono arrivare a 35-40.000 persone, di cui non più della metà impiegati regolarmente, con gli irregolari provenienti soprattutto da Nigeria, Ghana, Senegal e Gambia, mentre i maggiormente registrati sono cittadini rumeni, oltre 10.000, seguiti da circa 4.000 cittadini bulgari (fonte: osservatorio Placido Rizzotto).

Salvo rari casi di collocamento regolare attraverso le liste dei candidati, la norma vede i lavoratori stranieri arruolati attraverso la figura del caporale (detto dai lavoratori “capo bianco”), che si raccorda con una figura di riferimento della comunità migrante negli assembramenti informali (detto “capo nero”), che a sua volta forma le squadre. Il proprietario del terreno tratterrà denaro al primo caporale, che lo tratterrà al secondo, che lo tratterrà ai lavoratori. Così la dimensione lavorativa si articola nel sotto-salario, con irregolarità contrattuali e contributive, attraverso il lavoro grigio.

I lavoratori si svegliano alle ore 4:30 – 5:00, la giornata di lavoro può durare fino a 12 ore, la paga giornaliera è quasi soltanto a cottimo ed arriva a 3 – 3,50€ (in rari casi a 4€) a cassone da 3 quintali. In una giornata di 12 ore un lavoratore riempie in media 10 cassoni per 25-30 euro al giorno. Da questa cifra vanno però sottratti il costo del trasporto operato dai caporali (mediamente 5 euro), l’eventuale affitto delle baracche (frequente per chi è sul territorio solo stagionalmente), eventuali dispositivi di protezione (guanti, mascherine, dovuti dal contratto dal datore di lavoro ma quasi mai forniti). Infatti, oltre al lavoro nei campi, molti migranti sono impiegati in attività economiche informati: affitto di posti letto (dai 30 euro a stagione, fino a 30€ al mese, dato non chiaro), la ristorazione (mediamente 3€ a pasto), la vendita di alimentari, abiti e attrezzi da lavoro, la riparazione di cicli, motocicli, automobili.
Secondo una stima della CGIL del Marzo 2017, il guadagno dei caporali nella sola Puglia si attesta a 36 milioni di euro, dopo aver detratto tutte le speculazioni che operano sui propri schiavi, il lavoratore non arriva a guadagnare 400-500 euro in due mesi di lavoro, mentre la restante parte è profitto esclusivo dei caporali.

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