Conflitto nel sud del Libano

Dall’ottobre 2023, il conflitto in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati si è rapidamente esteso ad altri Paesi del Medio Oriente, in particolare al Libano. Gli scambi di fuoco tra le Forze Israeliane e Hezbollah e altri gruppi armati al confine meridionale del Paese si susseguono quotidianamente, con un impatto sui civili da entrambe le parti. In Libano sono quasi 100mila gli sfollati interni causati dal conflitto. I bombardamenti stanno anche distruggendo case e infrastrutture pubbliche e inquinando i terreni agricoli. Le vulnerabilità già presenti tra la popolazione libanese e quella rifugiata nel paese si sono esacerbate e le persone sfollate hanno scarso accesso a cibo, beni di prima necessità e assistenza sanitaria. Molte persone hanno perso il lavoro. Altre, pur di non perderlo, vivono in aree insicure, separate dal resto della famiglia. Inoltre, le persone colpite stanno pagando un pesante tributo in termini di salute mentale. INTERSOS è intervenuta fin dai primi giorni della crisi, valutando i bisogni di protezione di oltre 5mila sfollati e fornendo una risposta immediata attraverso distribuzioni di beni di prima necessità, servizi di prima assistenza psicologica, supporto psicosociale e gestione dei casi di persone vulnerabili.

LE CONSEGUENZE DEL CONFLITTO IN LIBANO

 

L’8 ottobre 2023 sono iniziati  scambi di fuoco quotidiani tra le Forze Israeliane e Hezbollah e altri gruppi armati, nel raggio di 10 km dal confine meridionale libanese, principalmente nei distretti di Bint Jbeil, Marjayoun, Hasbaya e Tyre. Dal gennaio 2024, i bombardamenti si sono estesi ulteriormente, coinvolgendo i distretti di Nabatieh e Jezzine. Attualmente in Libano continuiamo ad assistere ad un continuo aggravarsi delle ostilità e gli attacchi aerei israeliani si sono estesi ben oltre il confine meridionale.

Le violenze in corso non hanno risparmiato i civili, tra cui donne, bambini, soccorritori volontari e personale dei media. Ad oggi sono 83 i civili uccisi. Tra questi 26 erano donne, 12 bambini, 3 giornalisti e 19 operatori sanitari.

Stiamo assistendo in questi mesi a sfollamenti di massa di libanesi, rifugiati siriani, palestinesi e migranti, che si spostano verso nord per sfuggire alle ostilità, principalmente a Tiro, Saida e Beirut. Parliamo, ad oggi, di circa 94.000 sfollati. Circa 60.000 persone invece continuano a vivere nelle zone di conflitto, affrontando quotidianamente i bombardamenti e senza accesso ai servizi di base.

Le famiglie colpite dall’insicurezza hanno lasciato le loro case e si sono trasferite in diversi distretti del Sud e di Nabatieh o in altri governatorati del Libano, in particolare Bekaa e Mount Lebanon. Secondo il Consortium Protection Monitoring, che INTERSOS effettua insieme ai suoi partner, gli spostamenti interni sono aumentati del 9% da novembre a dicembre, soprattutto a causa di problemi di sicurezza.

I bombardamenti hanno distrutto anche case, infrastrutture pubbliche e terreni agricoli che hanno preso fuoco nell’impatto degli ordigni. 72 scuole pubbliche e private hanno dovuto chiudere, del tutto o in parte, compromettendo l’accesso all’istruzione per 20.000 bambini. Nelle aree maggiormente colpite dal conflitto, come Marjayoun e Bint Jbeil, 6 strutture sanitarie sono state costrette a chiudere  e il numero di consultazioni mediche nelle strutture primarie è in diminuzione.

LE PRINCIPALI VULNERABILITA’ DELLE PERSONE SFOLLATE

 

Dall’inizio di novembre alla fine di dicembre 2023, abbiamo valutato i bisogni di protezione di 5.527 sfollati nei governatorati di South Lebanon e Nabatieh.

Lo sfollamento degli ultimi mesi ha esacerbato le vulnerabilità preesistenti tra le persone colpite e ha ridotto la loro capacità di assicurarsi i bisogni di base e vivere in sicurezza. Sulla base dei risultati emersi dalla analisi dei bisogni condotta dal nostro staff, a causa del conflitto l’89% delle famiglie ha una capacità limitata o nulla di acquistare cibo, l’84% ha una capacità limitata o nulla di accedere ai kit igienici, il 70% ha perso la capacità di acquistare generi di prima necessità, il 61% ha perso la capacità di acquistare acqua e il 26% ha perso la capacità di coprire i costi relativi alle malattie croniche.

L’accesso ai servizi essenziali è stato ostacolato anche da diversi fattori legati alla situazione socio-economica e legale delle famiglie sfollate. Il 71% ha dichiarato di aver perso il lavoro e i mezzi di sostentamento, il 50% non ha avuto informazioni sui servizi disponibili nelle aree in cui si è trasferito e il 3% ha dichiarato di aver perso l’accesso ai propri documenti legali.

Inoltre, non avendo fonti di reddito alternative, molte persone hanno scelto di rimanere in aree a rischio o di spostarsi tra aree sicure e non sicure, per continuare a svolgere lavori stagionali, come la raccolta delle olive. Per garantire la sicurezza delle proprie famiglie senza perdere i propri mezzi di sostentamento, diversi mariti hanno scelto di rimanere nelle aree di confine, mentre le mogli e i figli si sono trasferiti altrove, separando di fatto il capofamiglia dal resto del nucleo familiare.

I bisogni emersi

Famiglie con una capacità limitata o nulla di acquistare cibo: 89%
Famiglie con una capacità limitata o nulla di accedere ai kit igienici: 84%
Famiglie che hanno perso la capacità di acquistare generi di prima necessità: 70%
Famiglie che hanno perso la capacità di acquistare acqua: 61%
Famiglie che hanno perso la capacità di coprire i costi relativi alle malattie croniche: 26%
Famiglie che hanno perso il lavoro e i mezzi di sostentamento: 71%
Famiglie che non hanno avuto informazioni sui servizi disponibili: 50%
Famiglie che hanno perso l'accesso ai propri documenti legali: 3%

LA RISPOSTA ALL’EMERGENZA DI INTERSOS

Sulla base di questa analisi e dei bisogni emersi, abbiamo fornito una risposta immediata distribuendo beni di prima necessità, fornendo servizi di prima assistenza psicologica e supporto psicosociale e gestendo i casi di persone vulnerabili individuati.

928 famiglie composte da 3.989 persone hanno ricevuto kit igienici, materassi, coperte, kit per il colera, assorbenti igienici e pannolini per adulti e bambini. Parallelamente, oltre 2mila persone hanno ricevuto assistenza in denaro per far fronte ai propri bisogni di protezione. Tra queste, il 63% era di origine siriana, mentre il 37% era libanese. 

Il team di INTERSOS in Libano si è attivato per rispondere a questa crisi già dal 12 ottobre, attivando ad hoc un Emergency Response Team (ERT) composto da 23 operatori di prima linea, tra cui assistenti sociali, psicologi ed esperti di protezione.

Il rapido deterioramento della situazione ai confini meridionali ha costretto INTERSOS a chiudere, prima parzialmente poi del tutto, tre Centri Comunitari Diurni situati vicino al confine. All’interno dei nostri safe space di Tiro, Nabatieh e Saida abbiamo però continuato a supportare la popolazione sfollata. Dall’inizio della crisi a dicembre 2023 abbiamo fornito assistenza integrata a 755 persone attraverso distribuzioni di emergenza in denaro, distribuzioni di beni di prima necessità e rinvii a servizi specializzati.

Un team di INTERSOS è inoltre intervenuto in 4 rifugi collettivi nel distretto di Tiro: l’Università tedesca libanese, la Scuola tecnica di Tiro, la Scuola intermedia per ragazze di Tiro e la Scuola nazionale di Tiro. Il nostro staff ha svolto diversi interventi per garantire privacy e sicurezza sia nelle aree destinate all’accoglienza delle persone che nelle aree comuni, installando serrature e pannelli solari per garantire l’illuminazione e creando spazi separati. Ci siamo inoltre occupati di mettere in sicurezza l’impianto elettrico e rendere i servizi igienici accessibili alle persone disabili. Abbiamo fornito serbatoi per l’acqua ed estintori.

Nell’ottica di rafforzare le capacità di resilienza all’interno delle stesse comunità sfollate, inoltre, abbiamo organizzato delle iniziative comunitarie. Abbiamo fornito direttamente agli sfollati interni che si sono trasferiti da Kfarchuba a Saida una formazione sulla prima assistenza psicologica in modo da trasmettere loro le competenze necessarie per sostenere direttamente gli individui della comunità costretti a spostarsi continuamente. A Sour e Nabatieh, invece, abbiamo formato membri della comunità che si sono offerti di diventare insegnanti comunitari per i bambini che hanno abbandonato la scuola a causa della guerra o dello sfollamento.

INTERSOS ha avviato la sua risposta all’emergenza grazie al sostegno di ECHO, PRM e ai finanziamenti regolari dell’UNHCR.

 

*Dati da ottobre a dicembre 2023

5.527

Valutazioni individuali dei bisogni di protezione

3.989

Persone hanno ricevuto beni di prima necessità

2.000

Persone hanno ricevuto assistenza in denaro

755

Persone hanno ricevuto assistenza integrata

COSA STIAMO FACENDO ORA

Attualmente, all’interno dei nostri safe space di Tiro, Nabatieh e Saida, supportiamo le comunità sfollate e quelle locali attraverso servizi socio-assistenziali, assistenza in denaro, iniziative comunitarie e gruppi di sostegno emotivo. Nonostante la chiusura dei nostri tre centri a Bint Jbeil, Marjayoun, Hasbaya, non abbiamo mai smesso di aiutare le persone che sono rimaste nelle aree a rischio, garantendo supporto psicologico da remoto e continuando a intercettare i casi che necessitano di assistenza attraverso i nostri volontari di comunità ancora presenti in quelle zone.

Effettuiamo anche delle distribuzioni di emergenza nelle zone ad alto rischio attraverso il meccanismo della “deconfliction”, che impiega particolari procedure per minimizzare il pericolo di incidenti e garantire un più alto livello di sicurezza ai nostri operatori e alle persone che assistiamo.

Da gennaio a maggio 2024, nel sud del Libano, abbiamo supportato oltre 2.400 persone distribuendo loro il denaro necessario per assicurarsi un’abitazione, abbiamo distribuito kit igienici a oltre 1.300 persone e sostenuto un totale di 10.500 persone attraverso le nostre attività di protezione.

 

*Dati da gennaio a maggio 2024

10.500

Persone sostenute con attività di protezione

2.400

Persone hanno ricevuto il denaro necessario per assicurarsi un'abitazione

1.300

Persone hanno ricevuto kit igienici

IL NOSTRO SOSTEGNO ALLA COMUNITA’ SIRIANA

Allo scoppio del conflitto, abbiamo registrato diversi segnali del rischio che i rifugiati siriani presenti potessero essere trascurati nella risposta d’emergenza. Inoltre, diverse municipalità hanno emesso memorandum restrittivi che hanno gravemente compromesso la situazione già critica dei rifugiati siriani e limitato ulteriormente la loro capacità di movimento. Per questo, oltre a svolgere attività di advocacy a supporto della popolazione siriana, abbiamo lavorato per garantire che la nostra risposta si concentrasse sui rifugiati siriani sfollati all’interno del Paese. Attraverso la nostra rete di personale e volontari di prossimità nel Governatorato di Nabatieh, ci siamo concentrati sul supporto a coloro che si trovano al di fuori dei rifugi collettivi, svolgendo visite di persona nelle aree accessibili e fornendo risposte a distanza all’interno delle zone rosse.