Sono migliaia, in Somalia, i bambini strappati alle loro famiglie e costretti a imbracciare un’arma. Hassan (17 anni), Mustafa (17), Ayub (17), Mohammed (14) sono quattro delle vittime di un abuso che, anche quando non lascia segni sul corpo, espone i minori a traumi psichici difficili da sanare. Il Vocational Training Centre di INTERSOS, a Baidoa, nel sud della Somalia, li sta ospitando per aiutarli a riprendere ad una vita normale, dando loro la possibilità di imparare un mestiere che li renderà indipendenti.

Hassan, Ayub, Mustafa erano compagni quando decisero di fuggire insieme dall’orrore che stavano vivendo. Corsero via senza guardarsi indietro, per 30 km, senza scarpe. Le forze di Smobilitazione Nazionale li trovarono e li portarono al centro INTERSOS, dove ci hanno raccontato le loro storie.

Hassan ha combattuto contro le UN Peace Keeping Forces (UNSOM) ed è stato gravemente ferito. Per lungo tempo non ha ricevuto cure mediche necessarie a guarire. Ora, attraverso il progetto di educazione INTERSOS, sta imparando come diventare un elettricista. A 18 anni, alla fine del percorso di formazione, gli verrà consegnato un kit con il materiale necessario per iniziare a lavorare e avrà la possibilità di essere introdotto nel mercato del lavoro con il supporto degli operatori sociali. Ha paura di non farcela, ha paura di essere nuovamente reclutato o peggio di essere ucciso per essere scappato. Rimane, tuttavia, molto speranzoso e si sta impegnando con tutto sé stesso per fare in modo che la sua vita cambi.

Mustafa ha combattuto per due anni con il gruppo armato Al-Shabaab. “Non dimenticherò mai quando combattevo nella regione di Bay contro UNSOM – ci racconta – C’era così tanto sangue e rumore di proiettili. Era assordante. Quando la mia famiglia è stata sterminata, sono scappato e ho deciso di unirmi alle forze somale. A quel punto vivevo solo per la vendetta”. Gli innumerevoli traumi che ha dovuto affrontare, ogni singolo giorno, lo hanno portato a una grave forma di insonnia. “Vivevo in un costante stato di paura”, ci dice. Infine è stato accompagnato al centro di INTERSOS dove sta imparando il mestiere di idraulico. “Ora mi sento al sicuro, contento di avere la chance di imparare a fare qualcosa e non dover più portare il peso di un’arma”.

Ayub è stato portato via dalla sua famiglia quando aveva solo 14 anni. I genitori sono contadini e hanno sempre pagato i gruppi armati per fare in modo che i loro 6 figli non fossero rapiti e reclutati per combattere. Nonostante questi sforzi, Ayub è stato rapito e ha combattuto a fianco di Mustafa e Hassan. Come loro ora sta imparando come diventare un elettricista.

Il più giovane del gruppo, Mohammed, 14 anni, ha dovuto affrontare una sorte simile Una volta rapito, ci racconta, “non riuscivo più a smettere di piangere, piangevo in continuazione. Ero così felice con la mia famiglia e vedendomela portata via cosi repentinamente mi sono sentito completamente perso. Ero piccolo, avevo solo 10 anni. Nessun bambino dovrebbe essere allontanato forzatamente dalla propria famiglia. Ho dovuto combattere per sopravvivere nei quattro anni seguenti. Non avevo scelta: io o loro. Le armi erano pesantissime e non riuscivo nemmeno a tenerle in mano. Fortunatamente le forze di smobilitazione mi hanno portato qui al centro dove sto imparando tantissime cose. Sento, finalmente, che la mia vita sta riprendendo a scorrere normalmente”.

Il grave e cronico conflitto interno che ha colpito la Somalia negli ultimi due decenni ha portato al collasso delle strutture statali con infrastrutture inadeguate e incapaci di offrire servizi minimi alla popolazione. Nel 2017, attraverso l’intervento di INTERSOS, 14.762 minori hanno potuto accedere all’educazione e 781 minori non accompagnati sono stati assistiti.