Abbiamo incontrato Lorenzo Trombetta, corrispondente dell’Ansa per il Medio Oriente.

In merito alla situazione in Siria, le indicazioni sono di uno scontro ancora molto aspro.

In Siria è in atto una spartizione di fatto in zone di influenza e controllo da parte delle potenze regionali e internazionali coinvolte nel conflitto. La Siria occidentale è divisa nel terzetto di Astana (Russia, Turchia e Iran), mentre quella orientale (attraversata dall’Eufrate) è per ora contesa tra Usa e Russia.

L’inasprimento del conflitto è relativo e anche mediatizzato ma se si pensa a com’era il conflitto solo due anni fa oggi è la situazione molto più “pacificata”. In fondo ormai si combatte solo ad Afrin – la Turchia si prende il nord-ovest come da accordo di Astana – e nella Ghuta – Iran e Russia allargano la loro influenza attorno a Damasco, come da accordo di Astana. Il resto sono dettagli che si risolvono nel medio termine.

Questo non significa che la guerra sia terminata, perché le sue cause sono sempre lì, irrisolte. Ma la sua dinamica sta prendendo una piega meno guerreggiata e più diplomatica, politica, con ovvie sospensioni e recrudescenze.

Si comincia a porre il tema del rientro dei rifugiati dai paesi vicini. Il paradigma umanitario vuole tale rientro avvenga in safe and dignity. Ci sono queste condizioni in Siria?

In Siria non ci sono garanzie,  prima di tutto umanitarie. Dove tornano i siriani con le case distrutte o occupate da altri sfollati o in aree inaccessibili? Come mangiano? Dove vanno a scuola i loro figli? Che certezze hanno di non essere arrestati o inviati al fronte a combattere? Ma anche nel lungo termine, quali sono le reali possibilità di lavoro? Quali le prospettive di inclusione socio-economica e politica?

La retorica del ritorno serve ai donatori, ai politici stranieri europei e mediorientali per indicare la fine della crisi dei profughi/migranti, ma è a fini elettorali europei e mediorientali. Ad esempio in libano a breve ci saranno le elezioni. I Siriani fuggiti non torneranno presto. E molti non torneranno mai più.

Lei si trova a Beirut. Come osserva la condizione dei rifugiati siriani in Libano?

I rifugiati in Libano si trovano in una situazione disperata: dal punto di vista legale non sono riconosciuti e non possono lavorare, se non in nero; sono spesso costretti a lasciare il paese o a rimanervi prigionieri per le draconiane misure di polizia; da quello umanitario sono spesso lasciati a se stessi, o alla capacità delle comunità locali (non sempre ospitali, per usare un eufemismo) e a quelle delle agenzie Onu e delle organizzazioni non governative, che devono fare i conti con le restrizioni imposte dal governo); malvisti politicamente dai seguaci dei vari movimenti politici confessionali libanesi, a volte ostili a volte abili nello strumentalizzare la presenza dei profughi.

 

Lorenzo Trombetta (Ph.D.) ama le mappe e le cronologie. È specialista di Siria contemporanea. Arabista, è autore di due monografie sul tema a cui ha dedicato gli studi sin dal suo primo soggiorno a Damasco nel 1998. Corrispondente ANSA per il Medio Oriente, vive a Beirut da dodici anni e nella regione da venti.